sabato 14 settembre 2019

LE NOTTI BIANCHE - Fedor M. Dostoevskij

LE NOTTI BIANCHE - Fedor M. Dostoevskij
Torna Nasten'ka, mi riporta inevitabilmente a "Di Tutte le Ricchezze", romanzo che è stato "causa" di questa lettura, successiva.

Corsi e ricorsi letterari. Fanno parte del leggere. Del pensare. Del vivere.

"Sono un sognatore; ho una vita reale talmente limitata che mi capitano momenti come questo, come adesso, tanto di rado che non posso non ripercorrere questi momenti nei miei sogni".

"E perciò, per rimediare all'errore, ho deciso di informarmi sul vostro conto  nel modo più dettagliato. Ma siccome non ho nessuno su cui informarmi sul vostro conto, allora dovete essere voi stesso a raccontarmi tutto, vita morte e miracoli."

Iniziato più volte, più volte abbandonato. Rubato (non per amore della lettura, ma in quanto riposto assieme ad oggetti di maggiore valore materiale), ricomprato, re-iniziato, ancora abbandonato. 

Infine letto. Tutto d'un fiato, senza riflettere. 
Classico, pubblicato nel 1848. Imprescindibile la lettura dell'introduzione, per riconoscere il filo conduttore. 

La solitudine, più  che il sogno. O forse il sognare che conduce inevitabilmente alla solitudine. 
Interessante la descrizione di Pietroburgo, in cui gli edifici sono amici, i luoghi contano e le persone sono estranee, lontane, insignificanti. 
Luoghi fisici e mentali in primo piano. 

Un piccolo capolavoro che ho stentato ad apprezzare, pur riconoscendo alcuni spunti interessanti. 
"[...] Ascoltate: voi raccontate in modo meraviglioso, ma non potete raccontare in modo un po' meno meraviglioso? Giacchè parlate come se leggeste un libro". (p.59)

"[...] e già mi ero pentito di essermi spinto tanto lontano, di aver raccontato invano ciò che già da tempo mi pesava sul cuore, a proposito di cui potevo parlare come un libro stampato, perchè già da tempo avevo preparato  preparato la sentenza su me stesso [...] " (p. 69)

"[...] se non hai un'altra vita, allora ti tocca costruirla con quei pezzi. Ma nel frattempo l'anima chiede e vuole qualcos'altro!" (p. 72)

"Quel che è perduto è perduto! Quel che è stato detto non si può ritirare." (p. 111)

E' meglio vivere nel disincanto della realtà, o subire la gioia momentanea, caduca, artificiosa e non vera, data da una mera illusione?

"Dio mio! Un intero attimo di beatitudine! Ed è forse poco seppure nell'intera vita di un uomo? ..." (p.124)

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