E' un mondo tormentato. Gli orrori vissuti in Cile e Guatemala passano attraverso il Messico, per approdare negli USA.
Tre storie tragiche che si intrecciano.
Fantastico, poco realistico questo romanzo, o forse solo lontano.
poesia e fantasia. Allende racconta, i suoi libri si leggono. Trascina il suo ottimismo senza reale motivo, la narrazione guida piacevolmente fuori dalla realtà quotidiana, nonostante i crudi richiami a crudeltà indicibili e purtroppo accadute davvero, e purtroppo tuttora attuali.
Gli anni passano, i protagonisti invecchiano, ma non perdono la voglia di vivere, lo slancio, l'amore.
Piacevole romanzo, in una primavera travestita d'autunno è una apprezzabilissima compagnia.
"[...] uno spreco che fosse eterosessuale, perché ce n'era d'avanzo di stupende donne sole, con una vita interiore piena, [...]" (p. 18)
"Ancora vivo" [...] "Cazzo, pure io". La cosa più spaventosa della morte era l'idea dell'eternità. Morto per sempre, che orrore." (p.28)
"Questa violenza è il risultato di una guerra perpetua contro i poveri. Duecentomila indigeni annientati, cinquantamia desaparecidos, un milione e mezzo di persone costrette a emigrare. E questo è un paese piccolo, calcola tu che percentuale di popolazione rappresentano questi numeri." (p. 93)
"Lena definiva "sindrome dell'albero di Natale" la tendenza della figlia ad abbellire l'oggetto della sua fantasia con virtù inesistenti." (p. 160)
"La crisi economica degli ultimi anni aveva acuito il vecchio risentimento contro i latini: milioni di statunitensi, truffati dalle finanziarie e dalle banche, avevano perso la casa o il lavoro e trovarono un capro espiatorio negli immigrati. "Voglio proprio vedere se qualche americano di qualsiasi colore vuol fare il nostro lavoro per la miseria che ci danno" " (p.196)
"Più erano dure le leggi ed efficaci i controlli alla frontiera, più efficiente e spietata era l'organizzazione e più guadagnavano gli agenti, come venivano chiamati i trafficanti." (p.275)
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