domenica 17 agosto 2008

APRI LE PORTE ALL'ALBA - Elena Gianini Belotti

Un altro libro mangiato. In una notte, poco più.
Un romanzo in prima persona. La protagonista narratrice, una signora di mezza età, un matrimonio alle spalle, nessun figlio.
"... pensavo una volta di più ai legami che sembrano trarre la loro forza dall'infelicità che generano. Ci si attacca a chi ci tortura più che a chi ci ama. ..."
Gite alla ricerca di luoghi speciali da inserire in una guida turistica per l'elite di coloro che non vogliono mescolarsi alle folle. Una menzogna sul nascere. "Dovunque la bellezza è profanata. Non c'è più bellezza, in primo luogo dentro di noi. Ci viene cavata via fin da piccoli, come un dente marcio: duole un po', da principio. Poi passa, la ferita si chiude, persino la cicatrice scompare."
Vicende quotidiane, forse banali, alternate a riflessioni e considerazioni su argomenti apparentemente disparati, il cui filo conduttore è la ricerca di senso, di un'unicità individuale troppo spesso soffocata dai ruoli.
Individualità riconquistata assecondando le proprie inclinazioni ed i propri desideri, ma anche nell'unione, nella solidarietà tra persone diverse eppure tanto uguali nel loro essere umane.
E inoltre un quadro spietato della nostra collettiva follia, questo nostro "mangiare troppo per poi andare in palestra per dimagrire", una denuncia dell'ingiustizia sociale che colpisce donne, stranieri, vecchi, variamente diversi.
"Sono ancora i neri, come al tempo della schiavitù, a presiedere alla nascita e alla morte dell'uomo bianco. - Noi abbiamo fallito, accumuliamo pretese, aspettative, fraintendimenti per intere esistenze e così diveniamo incapaci delle cose più semplici e più naturali. Abbiamo fatto sì che i vecchi si spostino via via ai margini e svaniscano nel nulla senza procurarci intralci e fastidi e senza lasciare traccia di sè. Così la loro memoria, invece di addolcirci lo spirito, ci procura solo rimorsi e sensi di colpa."
Ed in primo piano, sempre, il punto di vista femminile. Una geniale ricerca sul "costo sociale degli uomini", in termini economici per la collettività. Ed il costo dei ruoli di genere, che da sempre pagano le donne, rinunciando ai propri interessi professionali e personali per servire una famiglia, o viceversa, e annientando sempre quella parte di sé più vera in nome di un ruolo sancito da altri che non è sentito come proprio.
Un romanzo interessante, in cui chiunque abbia rinnegato sé stesso o una fetta di sé per soddisfare le richieste di un ruolo sociale può specchiarsi, sotto diverse angolature.

(Elena Gianini Belotti - Apri le porte all'Alba - 1999)

venerdì 4 luglio 2008

IN PRIMA PERSONA SINGOLARE - Cristiana Pivari

Una piccolissima raccolta di brevissimi racconti. Assolutamente "da spiaggia".
Dieci piccoli spaccati di vita quotidiana narrati in prima persona, dai pensieri dei protagonisti.
Piacevoli, un'ottima compagnia in una breve pausa estiva.

giovedì 3 luglio 2008

IL SERGENTE NELLA NEVE - Mario Rigoni Stern

E' il 1943. Sulle rive di un Don congelato una domanda: "Ghe rivarem a baita"? Un ragazzo di 22 anni è tra i pochi che ritornano, tra decine di migliaia di morti. E racconta. Di neve, di freddo, di vento, di steppa gelata, di infiniti passi nel niente, di spari, di sangue, di fame e paura. Con un realismo semplice e secco. Così è. Questo è stato.
In una guerra che non gli appartiene, voluta da due deficienti capaci di impartire ordini assurdi e sciagurati (peraltro obbediti!) dalle comode e calde stanze di Roma e Berlino.
22 anni. A piedi. In Russia. In inverno. Verso la baita di Asiago. In un deserto di ghiaccio dove sopravvive grazie al calore delle isbe (case) ed al cibo che gli viene offerto da quelle persone che dovrebbero essere il "nemico", il popolo invaso.
"Corro e busso alla porta di un'isba. Entro.
Vi sono dei soldati russi, là. Dei prigionieri? No. Sono armati. Con la stella rossa sul berretto! Io ho in mano il fucile. Li guardo impietrito. Essi stanno mangiando attorno alla tavola. Prendono il cibo con il cucchiaio di legno da una zuppiera comune. E mi guardano con i cucchiai sospesi a mezz'aria. - Mnié khocetsia iestj, - dico. Vi sono anche delle donne. Una prende un piatto, lo riempie di latte e miglio, con un mestolo, dalla zuppiera di tutti, e me lo porge. Io faccio un passo avanti, mi metto il fucile in spalla e mangio. Il tempo non esiste più. I soldati russi mi guardano. Le donne mi guardano. I bambini mi guardano. Nessuno fiata. C'è solo il rumore del mio cucchiaio nel piatto. E d'ogni mia boccata. - Spaziba, - dico quando ho finito. E la donna prende dalle mie mani il piatto vuoto. - Pasausta, - mi risponde con semplicità. I soldati russi mi guardano uscire senza che si siano mossi. Nel vano dell'ingresso vi sono delle arnie. La donna che mi ha dato la minestra, è venuta con me come per aprirmi la porta e io le chiedo a gesti di darmi un favo di miele per i miei compagni. La donna mi dà il favo e io esco.
Così è successo questo fatto. Ora non lo trovo affatto strano, a pensarvi, ma naturale di quella naturalezza che una volta dev'esservi stata tra gli uomini. Dopo la prima sorpresa tutti i miei gesti furono naturali, non sentivo nessun timore, né alcun desiderio di difendermi o di offendere. Era una cosa molto semplice. Anche i russi erano come me, lo sentivo. In quell'isba si era creata tra me e i soldati russi, e le donne e i mambini un'armonia che non era un armistizio. Era qualcosa di più del rispetto che gli animali della foresta hanno l'uno per l'altro. Una volta tanto le circostanze avevano portato degli uomini a saper restare uomini. Chissà dove saranno ora quei soldati, quelle donne, quei bambini. Io spero che la guerra li abbia risparmiati tutti. Finché saremo vivi ci ricorderemo, tutti quanti eravamo, come ci siamo comportati. I bambini specialmente. Se questo è successo una volta potrà tornare a succedere. Potrà succedere, voglio dire, a innumerevoli altri uomini e diventare un costume, un modo di vivere".
E poi ancor più il vuoto dentro. I compagni morti, la solitudine, la fatica, il dolore ...
"Questo è stato il 26 gennaio 1943. I miei più cari amici mi hanno lasciato in quel giorno".
Un racconto da leggere, da pensare, da ricordare.

lunedì 23 giugno 2008

L'UOMO CHE SCAMBIO' SUA MOGLIE PER UN CAPPELLO - Oliver Sacks

Una serie di racconti brevi, ognuno dei quali ha per protagonista un paziente neurologico e la sua malattia. Ma è qualcosa di diverso da una carrellata di casi clinici.
Oliver Sacks è un neurologo che si interroga sul significato delle patologie in cui si imbatte. Sul significato che queste hanno per chi ne è colpito.
Rubo le parole all’autore, che nella sua prefazione scrive: “… i malati e la loro malattia mi inducono a riflessioni che altrimenti, forse, non avrei fatto”. E ancora: “L’intima natura del paziente è del tutto pertinente all’ambito d’indagine più elevato della neurologia e alla psicologia, poiché esse hanno intimamente a che fare con la personalità del paziente, e lo studio della malattia non può essere disgiunto da quello dell’identità”. Parla di “neurologia dell’identità”, Sacks.
E parla dei suoi pazienti nella loro interezza. “… va detto fin dall’inizio che una malattia non è mai semplicemente una perdita o un eccesso, che c’è sempre una reazione da parte dell’organismo o dell’individuo colpito, volta a ristabilire, a sostituire, a compensare e a conservare la propria identità, per strani che possano essere i mezzi usati …”.
E Sacks racconta con umana partecipazione le curiose peculiarità presentate dai suoi pazienti, che descrive senza nascondere una sorta di affetto terapeutico.
E si fa conoscenza per primo proprio con l’uomo cui è intitolato il libro, che, “evidentemente convinto che la visita fosse finita, si guardò intorno alla ricerca del cappello. Allungò la mano e afferrò la testa di sua moglie, cercò di sollevarla, di calzarla in capo. Aveva scambiato la moglie per un cappello! La donna reagì come se fosse abituata a cose del genere”.
E poi di seguito con tante altre storie, ognuna unica e personalissima.
Ho trovato particolarmente accattivante, per moltissimi motivi il racconto “Il discorso del Presidente”, in cui vengono descritte le reazioni di pazienti neurologici affetti da afasia percettiva e da agnosia totale ad un discorso poco spontaneo. Gli unici che a differenza dei “normali” non si bevvero il falso e recitato discorso del Presidente.
Un libro che ho “mangiato”. Credo piacevole e scorrevole anche per i non addetti ai lavori.
Ne consiglierei vivamente la lettura.


L'Uomo che Scambiò sua Moglie per un Cappello - Oliver Sacks (1985)

mercoledì 11 giugno 2008

C'ERA UNA VOLTA UN PARADOSSO - Piergiorgio Odifreddi

Viviamo in un mondo in cui sarebbe auspicabile che la logica fosse materia di studio fin dalle prime classi elementari, e che invece sembra rifugiarsi sempre più nella superstizione e nell'irrazionale.

Anche la logica e la matematica, però, lungi dall'essere in grado, come ci aspetteremmo, di fornirci delle certezze, spesso si prendono gioco di noi.
Odifreddi propone in questo saggio non sempre scorrevole, a tratti addirittura ostico, ma indubbiamente intrigante, una carrellata di discipline seguendo il filo conduttore del paradosso quale protagonista.

A partire dalle illusioni sensoriali, attraverso la filosofia antica e contemporanea, verso i paradossi logici e matematici, Odifreddi mette alla prova la nostra idea del mondo.
"La soluzione dei paradossi può quindi venire soltanto da una teoria che colleghi le affermazioni del linguaggio ai fatti del mondo" (pag. 153).
Non mancano alcuni frammenti gustosamente "leggeri", a tratti anche divertenti.
Un assaggio (pag. 145): "Un giorno un padre, dopo che il figlio ne aveva detta una grossa, lo trascinò al Ponte dei Bugiardi, dicendogli che era così chiamato perché sarebbe crollato se un bugiardo l'avesse attraversato. Il bambino si spaventò, e confessò la bugia. Ma il ponte crollò ugualmente quando il padre lo attraversò, perché egli aveva ovviamente mentito. Non esiste, infatti, nessun Ponte dei Bugiardi".
C'era una volta un Paradosso - Piergiorgio Odifreddi (2001)

lunedì 21 gennaio 2008

LA SCOMPARSA DEI FATTI - Marco Travaglio

Che fatica leggere Travaglio!
Stile conciso, diretto, lessico appropriato e di uso comune, linguaggio giornalistico. Scorrevole.
Ironico, a tratti molto divertente davvero.
Eppure faticoso.
Ogni sua frase è un macigno.
Tratta contenuti di una pesantezza non misurabile.
"La scomparsa dei fatti" è, tra i suoi libri che ho iniziato, il più "leggero".

Racconta della triste realtà in cui versa l'"informazione" di massa in Italia. Che tace, distorce, elabora, manipola ... in poche parole mente.
In modo consapevole, a volte criminale, nel vero senso della parola.

Il contenuto è chiaro: i media italiani nascondono sistematicamente i fatti (in vari modi, più o meno palesi, più o meno ingegnosi), sostituendoli con un vuoto girotondo di vuote parole.
Non dicono nulla, e pretendono che non ce ne accorgiamo (e purtroppo spesso hanno ragione!).

Come commentare questa chicca di lucida denuncia? Spero che l'autore non ne abbia a male: vorrei riportare testualmente, tra i tanti da lui citati, il caso della "notizia senza nome".
Che, come troppo spesso succede, se non fosse tragico sarebbe davvero comico. Esilarante, azzarderei.

Il 27 novembre 2005 l'Usigrai, il primo sindacato dei giornalisti Rai, dirama un comunicato del suo segretario Roberto Natale:
Le informazioni sul processo romano a Cesare Previti, che oggi i lettori del Corriere della Sera hanno trovato a pagina 18, erano in possesso, nelle stesse modalità, del titolare milanese della cronaca giuiziaria della Rai, Carlo Casoli. La notizia è rimasta però nella sua penna; nessuna delle quattro testate nazionali (i tre tg e il Giornale radio) ha voluto ieri mandare in onda il servizio o dare la semplice informazione. E poiché le vicende serie hanno talvolta un aspetto comico, Casoli si è anche sentito fare, da una delle quattro testate, una proposta singolare; "Mandaci pure il servizio, ma per cortesia non fare nomi". Evidentemente la preoccupazione di offrire un nuovo fianco a critiche già roventi è più forte dei doveri di correttezza dell'informazione. Questa la situazione della Rai di oggi, che il presidente del Consiglio ama invece immaginare impegnata nella militanza antiberlusconiana.

Lo strepitoso Travaglio riporta i dettagli di questo fatto grottesco, e si lancia nella stesura di un pezzo da manuale, da lui stesso introdotto così:

... E' un vero peccato, comunque, che Casoli abbia gettato la spugna, perché il servizio senza nomi avrebbe fatto il giro del mondo e sarebbe stato studiato in tutte le scuole di giornalismo dell'orbe terracqueo. Proviamo ad immaginare il testo [...]

Buonasera. Oggi la Procura di una nota capitale europea, che non citiamo per mantenere la suspense, ha chiesto il rinvio a giudizio di un noto parlamentare di una repubblica che si affaccia sul Mediterraneo (e che non nominiamo per la legge sulla privacy). L'uomo, di professione avvocato, già ministro della Difesa, membro di un importante partito (che non nominiamo per rispetto del pubblico più impressionabile) e braccio destro del capo del governo uscito a sua volta da vari processi per amnistia, attenuanti generiche, prescrizioni o depenalizzazioni dei suoi reati varate da lui medesimo, è accusato di avere corrotto un perito del Tribunale (il cui nome non citiamo per non offendere il comune senso del pudore) affinché liquidasse un megarisarcimento pubblico non dovuto alla società di un petroliere (il cui nome tacciamo per rispetto dei minori all'ascolto). Grazie per la cortese attenzione e a voi tutti buonasera.

Non serve commento. Se non fosse davvero tanto tragico, tutto ciò sarebbe molto, molto comico.

Marco Travaglio cita tra gli altri Josef Pulitzer, e con lui vorrei concludere (consigliando naturalmente a tutti di leggere - e far leggere - questo saggio imprescindibile):
"
Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sé non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri".

"La Scomparsa dei Fatti" - Marco Travaglio (2006)