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Con il suo linguaggio scorrevole, con la capacità di descrivere l’animo dei propri personaggi, l’abilità di immergere il lettore, spirito e corpo, nelle sue ambientazioni fantastiche.
Racconta di Zorro.
La storie dei suoi genitori, la sua nascita, la relazione con Bernardo, la storia di quest’ultimo.
Narra le origini della leggenda.
Romanzo avventuroso e romantico, evasione perfetta dal quotidiano del nostro discutibile presente.
Presente che però torna alla memoria, nelle descrizioni di soprusi, abusi e nefandezze compiuti da parte di ricchi, potenti e religiosi. Azioni spregevoli che non hanno un’epoca propria.
Particolarmente significativo il rito di iniziazione di Zorro, davanti al quale vengono posti i simboli che avrebbe dovuto venerare: “Il pane significava il dovere di aiutare i poveri; la bilancia rappresentava la determinazione di combattere per la giustizia, la spada incarnava il coraggio; il calice conteneva l’elisir della compassione; la rosa ricordava ai membri della società segreta che la vita non implica solo sacrificio e lavoro, ma è anche bella ed è per questo che va difesa”.
Tristemente attuale la censura imposta all’educazione da una Spagna monarchica, cattolica e tradizionale di inizio Ottocento. “... in quei giorni il tronfio rettore dell’Università di Cervera aveva pronunciato davanti al re la frase che sintetizzava l’orientamento della vita accademica in Spagna: "Lungi da noi la funesta mania di pensare””
E tanto tragicamente presente il pensiero del corsaro Lafitte, secondo cui: “i potenti promulgavano le leggi per preservare i loro privilegi e controllare i poveri e gli insoddisfatti, motivo per cui sarebbe stato piuttosto stupido che loro le osservassero. Un buon esempio erano le imposte, che alla fine erano i poveri a pagare mentre i ricchi facevano di tutto per eluderle.”
Un romanzo coinvolgente e dinamico, degno della firma di Isabel Allende.
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