Che dire di un romanzo di cui si è già detto e letto tanto?
Lo si legge.
E lo si apprezza. Molto.
Vale senz'altro la lettura.
Quale via? Quali scelte?
Per quale dei personaggi parteggiare?
Posizione di distaccata osservazione, quella di chi legge.
Interessanti riflessioni su un mondo a noi distante nel tempo, di cui vediamo oggi un'eredità tremenda, a pochi passi da noi.
Ciò che rileva sono le incessanti, ricorsive, sempre attuali questioni che chiamano in causa le persone, ogni loro vita.
Convenzioni sociali, amore, economia.
Davvero questa è la storia di Anna Karenina?
D'amore, di Morte e di altre Sciocchezze, titolò Francesco Guccini.
Le altre sciocchezze prendono la scena. Si legge una storia individuale, molte storie di persone specifiche, ma gli intermezzi che descrivono una situazione economica e politica sono l'interessante filo conduttore. Contengono le riflessioni più intriganti. Sono la Storia.
Mirabile l'introduzione al romanzo di Eralfo Affinati, che guida attraverso quelle "pagine e pagine per raccontare il niente della vita" (p. II) e ci porta a vedere qualcosa oltre quel nulla tanto vivace e tanto noioso.
E' un gran libro in cui la trama manifesta rimane pretesto per riflessioni ampie e profonde.
La doppia morale che sferza uomini e donne, la sottrazione dei figli alle madri non per amore di questi, ma per odio verso quelle, la questione delle disuguaglianze, di doveri e diritti, emancipazione. (p. 346)
Gran romanzo.
Lungo e a tratti tedioso.
Perché Anna Karenina? Perché non altri protagonisti?
Kitty e Levin che vivono lo loro vera storia? Tutti gli altri mentono, fingono, impongono, si arrovellano.
"... l'idea che ella potesse avere una esistenza sua propria, indipendente da quella di lui, lo colpì in modo che subito la scacciò. Era quell'abisso in cui aveva terrore di guardare. Trasportarsi col pensiero nella vita di un altro essere era una cosa impossibile per Aleksej Aleksandrovic". (p. 145)
"Possibile mai che tanti milioni di uomini siano privi di quel bene senza il quale la vita non ha significato?" (p. 689)